STRANGER EYES – Siew Hua Yeo
Con: Wu Chien-Ho, Lee Kang-Sheng, Anicca Panna, Vera Chen, Pete Teo, Xenia Tan, Maryanne Ng-Yew
(Singapore, Taipei, Francia, Usa)
125’
(Venezia 81)
Una giovane coppia di genitori affronta la misteriosa scomparsa della piccola figlia Bo. Subito dopo, i due iniziano a ricevere strani video, rendendosi conto che qualcuno ha filmato la loro vita quotidiana, persino i momenti più intimi. La famiglia, man mano che i segreti si svelano sotto lo sguardo di occhi indiscreti e sconosciuti, inizia così a sgretolarsi, mentre la polizia inizia le indagini, mettendo la casa sotto sorveglianza per tentare di sorprendere il voyeur.
Film capace di coniugare gli opposti, lavora tra dentro e fuori, aperto e chiuso, aldilà e aldiquà di un confine, freddo e caldo, distante e vicino, lucidità e impulsività. Mostra emozioni e sentimenti profondi con disincanto e delicatezza, ma intende soprattutto indagare l’importanza dell’essere visti, dell’essere notati e quindi riconosciuti e amati. Lo sguardo è quindi protagonista. Non a caso la prima immagine del film proviene da un occhio guardato da altri occhi (quelli della mamma che indossa una t-shirt con la scritta: I’m watching you). Il racconto è strutturato in tre parti: la prima in cui la coppia di genitori riceve i misteriosi dvd facendo i conti con una privacy violata e l’esistenza, nella propria vita, di un punto di vista invasivo; la seconda si immerge nello sguardo dell’uomo che guarda e mette in scena la sua prospettiva, smontando ogni forma di giudizio coltivata precedentemente; la terza parte mescola più punti di vista e conduce all’epilogo, non privo di colpo di scena finale. Questa struttura tripartita risulta molto stimolante benché frammentaria, ma riflette uno dei grandi temi affrontati dal film che è ovviamente quello della moltiplicazione delle immagini e della loro veridicità. I dispositivi di ripresa sparsi e nascosti, infatti, sono tantissimi, così come è sterminato il numero di immagini video che vediamo assemblate in megaschermi ipnotici che servono proprio a garantire la totale copertura del visibile.
Il film nasce da una riflessione condotta dal regista che, a partire dalla condizione del proprio paese d’origine, ha dichiarato: «qui non c’è via d’uscita dalla rete di sorveglianza, osservare ed essere osservati diventa un rituale quotidiano. Con un’elevata densità di popolazione e una sorveglianza pervasiva, il moderno paesaggio urbano ci trasforma in testimoni involontari delle vite degli altri, con tutte le conseguenze del caso. Ancora più affascinante è chiedersi in che modo osservare gli altri rifletta le nostre azioni e le percezioni di noi stessi. Dopotutto non possiamo cancellare ciò che abbiamo visto».
“Stranger Eyes” riflette su queste domande e sull’interazione tra vedere e essere visti, in un’epoca in cui il consumo visivo sembra al contempo illimitato e alienante, «la consapevolezza di essere costantemente osservati, sia attraverso i social media sia come necessità etica di sicurezza, plasma le nostre identità come attraverso uno specchio, confusamente».
Ma è possibile vedere tutto? A questo interrogativo il film prova a dare la sua risposta non senza sorprese.
Francesco Azzini
Matteo Mazza