IL GRANDE CALDO – Fritz Lang
Con: Glenn Ford, Gloria Grahame, Alexander Scourby, Lee Marvin, Jocelyn Brando. Peter Whitney, Jeanette Nolan, Carolyn Jones, Edith Evanson, Dorothy Green, Willis Bouchey
90′
(1953)
(Venezia Classici)
Il festival del Cinema è noto per essere portatore di nuove idee e stili che rivoluzionano continuamente il mondo del cinema. Ma ha anche una storia alle sue spalle, ed ecco perché è nata “Venezia Classici”, la selezione dei migliori restauri di film classici realizzati nel corso dell’ultimo anno da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo. Tra i grandi restauri quest’anno è stato proiettato The big heat – Il grande caldo, film del 1953 diretto dal celebre regista austriaco Fritz Lang, uno dei più grandi maestri del cinema noir.
La pellicola racconta la storia del sergente Dave Bannion che, nel corso delle indagini sul misterioso suicidio di un suo collega, si troverà a stanare una fitta rete criminale che tesse la sua ragnatela della corruzione all’interno della città. Elemento chiave della trama è Bertha, la moglie del defunto, che grazie a una lettera che testimonia la collusione tra criminalità, politica e la polizia stessa, elabora un sofisticato e intricato piano di ricatto nei confronti di Lagana, boss della malavita che si nasconde dietro un velo di onore e rispettabilità. La vicenda prenderà una piega completamente inaspettata quando per negligenza di uno degli accoliti del boss Lagana verrà commesso un errore che trasformerà il serafico agente di polizia Bannion in un uomo rancoroso e in cerca di vendetta.
Il film riprendere alcuni temi ricorrenti nella produzione cinematografica langhiana, come per esempio la dualità insita nell’essere umano, dove il protagonista, un uomo tranquillo e posato, dopo aver subito un’ingiustizia affonda in un graduale percorso di isolamento che lo porta in una spirale di odio, violenza e spietata redenzione. Dualità perlatro rappresentata dal regista anche tramite un abile gioco visivo, ossia la faccia sfigurata di uno dei personaggi che richiama altri suoi due precedenti film quali Dietro la porta chiusa (1947) e La donna del ritratto (1944). Altro tema ricorrente nel cinema di Lang è la presenza del Male, qui personificato nel violento e crudele Vince Stone (interpretato da Lee Marvin) che simboleggia la violenza cruda e nel boss Lagana che cela dietro una sofisticata maschera di perbenismo una malvagità senza scrupolo.
La pellicola, recensita già dalla critica dell’epoca in maniera positiva, rappresenta una pietra miliare del cinema crime e viene tuttora annoverato tra i più grandi capolavori del genere che, oltre ad essere tecnicamente originale e fuori dalle convenzioni del cinema di quegli anni, pone l’accento su quanto la capacità di un uomo di frenare i propri istinti davanti all’ingiusto sia labile, soprattutto quando ad essere minacciato è anche il tuo nucleo familiare.
Raffaele Piccirillo