POOJA, SIR di Deepak Rauniyar

Con: Asha Magrati, Nikita Chandak, Dayahang Rai, Reecha Sharma, Bijay Baral, Gaumaya Gurung, Aarti Mandal, Ghanashyam Mishra, Prameshwar Kumar Jha, Pashupati Rai, Niraj Shrestha

(Nepal, USA, Norvegia)

115′

(Orizzonti)

Seguiamo l’indagine di Pooja, ispettrice di Katmandu, incaricata del caso di due bambini scomparsi in una città di confine con l’India. Nella cittadina, però, i numerosi disordini politici, uniti ad un crescente clima di insurrezione sociale e alle violente proteste, costringono l’ispettrice a unire le forze con un’agente di polizia locale d’etnia madhese. Le due si trovano a dover fronteggiare, insieme, discriminazioni, razzismo e misoginia per risolvere il caso.

Il regista nepalese, d’origini madhesi, già a Venezia sempre in Orizzonti con White Sun (2016), mette in scena un dramma umano ispirandosi a fatti realmente accaduti e raccontandoli con le tinte tipiche del genere poliziesco. La scorrevole narrazione disinnesca, man mano, una serie di tasselli che, oltre ad aprire a nuove piste d’indagine, denunciano situazioni del contemporaneo sempre più complesse e incandescenti.

I personaggi sembrano tutti impegnati a nascondere qualcosa, la stessa Pooja poco lascia trapelare di sé: è presentata e congedata di spalle, nel suo aspetto più mascolino, il prediletto dalla poliziotta che sembra voler celare a tutti i costi la sua femminilità. 

L’abilità di regia e scrittura (la co-sceneggiatrice è anche la protagonista del film) riescono così a strecciare una serie di storie per poi tessere lentamente e inesorabili un’unica verità. 

Lo spettatore è dunque accompagnato in un consolidato sistema di menzogne e non detti da cui è difficile non rimanere coinvolti, come viene suggerito dalla primissima inquadratura: le ombre, infatti, ci seguiranno fino all’ultimo momento dell’opera.

 

Irene Sandroni