ÁRNI di Dorka Vermes

(Ungheria)

(103′)

(Biennale College)

Il giovane e silenzioso Árni passa le sue giornate prendendosi cura degli animali del circo itinerante in cui lavora. Un giorno, a causa di un’errata consegna, arriva un lunghissimo serpente ad aggiungersi alla collezione degli animali esotici della compagnia e Árni ne subisce un’immediata fascinazione.
La regista ungherese Dorka Vermes rappresenta un mondo dove tutto è ridotto al malsano rapporto di dipendenza che si instaura tra prede e predatori. Lo stesso protagonista sembra cadere costantemente in situazioni che lo rendono facile bersaglio, come fosse un’inevitabile tendenza. Árni è solo, nonostante tenti di legarsi a qualcuno, non riesce mai a ottenere un contatto umano rilevante e soddisfacente.
Moltissimi i riferimenti simbolici della situazione che circonda Árni, tutti appartenenti al mondo animale: il barboncino malato da abbattere, il topolino che viene dato in pasto al serpente, il cane randagio che, predatoriamente, insegue o sbrana le sue vittime… Ed è in questo setting, dove tutti gli elementi più deboli vengono schiacciati, divorati o usati come esca, che Árni si muove per cercare un contatto, a tutti i costi.
Pochissimi i dialoghi, ben costruita la colonna sonora con i suoi picchi che squarciano la quiete durante le esplosioni di colpi da arma da fuoco, resi volutamente esagerati.
Ben rappresentata la tematica del sacrificio in nome del solo apparente miglioramento. Molto d’impatto il simbolico quanto tragico finale.
Irene Sandroni
Irene Ancora