Giovedì 3 settembre – prima giornata

Fuori concorso – proiezioni speciali
THE HUMAN VOICE
di Pedro Almodovar
con Tilda Swinton (30′)

Una donna, da poco lasciata dal suo amante, aspetta che questi venga a ritirare le sue valigie dall’appartamento che hanno condiviso. Ispirandosi liberamente all’omonima piece teatrale di Jean Cocteau, Almodovar porta in scena un monologo disperato e nevrotico sull’abbandono che esalta le capacità attoriali di Tilda Swinton in appena trenta, intensi minuti di proiezione. Affascinante la messa in scena curatissima nei dettagli che svela sin da subito il gioco metacinematografico e l’incursione nel microcosmo teatrale. Ciò che colpisce positivamente è la capacità del regista di amalgamare linguaggi diversi (teatro e cinema, in primo luogo, ma anche musica, costume e messa in scena), in una sintesi pregevolmente significativa. Un ottimo inizio di giornata.

Venezia 77
QUO VADIS, AIDA?
Di Jasmila Žbanić
con: Jasna Đuričić, Izudin Bajrović, Boris Isaković, Johan Heldenbergh, Raymond Thiry, Boris Ler, Dino Bajrović, Emir Hadžihafizbegović, Edita Malovčić (102′)

Bosnia, luglio 1995. Una insegnante di Srebrenica lavora presso la missione delle Nazioni Unite durante l’occupazione serba. Il dramma della sua famiglia si innesta nella storia di un massacro. La quarantaseienne regista di Sarajevo porta sullo schermo una storia di coraggio, impegno, resilienza sullo sfondo di un pesante rimosso dell’Occidente cui non sono riservate critiche pesanti in merito alla gestione molto opaca della crisi umanitaria da parte dell’ONU. Molto bella la ricostruzione di ambienti, costumi e personaggi. Un buon prodotto da festival che ha in più il valore aggiunto della memoria.

Venezia 77
AMANTS
di Nicole Garcia
con: Pierre Niney, Stacy Martin, Benoît Magimel (102′)

Lisa e Simon sono due giovani innamorati, lei studia alla scuola alberghiera e lui spaccia droga tra i benestanti di Parigi e dintorni. Un incidente “di lavoro” li separa e, da quel momento la vita di Lisa cambia improvvisamente. Attrice lei stessa prima di divenire regista, Nicole Garcia (“Quello che gli uomini non dicono”; “Tre destini, un solo amore”), porta in scena la più classica delle storie “maledette” vestendo il dramma (scontato) di una allure trés chic, che sembra rispondere più ai desideri del mercato internazionale che all’esigenza di originalità. Dal punto di vista del linguaggio cinematografico non si segnalano particolari soluzioni, se non la scelta di location ricercate (tanto gli esterni, quanto gli interni) e molto fredde. Forse è proprio la freddezza la cifra intepretativa che emerge da questo dramma poco passionale e molto noir.

Orizzonti
DESHTE KHAMOUSH (THE WASTELAND)
di Ahmad Bahrani
con: Ali Bagheri, Farrokh Nemati, Mahdieh Nassaj, Touraj Alvand, Majid Farhang (102′)

In una località remota dell’Iran, un mattonificio tradizionale dà lavoro a uomini e donne di etnie diverse. Gli affari non vanno bene e gli operai non sono pagati da mesi. Dietro una narrazione apparentemente minimale tipica di tanta cinematografia orientale si cela un prodotto fortemente metaforico e allusivo in termini critici della realtà sociale attuale. La scelta di un formato inusuale e del bianco e nero rimanda ad un coté neorealista, così come la scelta del regista di concentrarsi sul paesaggio (anche sonoro) rimandare alla solitudine interiore dei vari personaggi. Ma il film rivela soprattutto temi scomodi come: la perdita del lavoro, le contrapposizioni etniche, la condizione marginale della donna, la mancanza di speranza che porta all’annullamento di sè. Un prodotto esigente che impegna lo spettatore con pochi e dosati movimenti di macchina, un ritmo di quadro, e una struttura narrativa volutamente ripetitiva ma fortemente significativa in termini di presentazione dei personaggi. Da vedere.

Orizzonti
MEEL PATTHAR
di Ivan Ayr
con: Suvinder Vicky, Lakshvir Saran (98′)

A Delhi un maturo camionista deve fare i conti con l’età che avanza, il lavoro che cambia, la famiglia della defunta vedova, i propri sensi di colpa e un giovane apprendista da formare che potrebbe togliergli il lavoro. Il regista di “The Perfect Candidate”, mette in scena un film complesso, fatto di accenni, piccole rivelazioni, svelamenti, metafore, che rendono la visione poco scorrevole e poco decifrabile. Dal punto di vista del linguaggio, grande cura è posta nella scelta di inquadrature strette (nell’abitacolo del camion, vero e proprio microcosmo interiore del protagonista), così come nella scelta di girare spesso in esterno nelle prime ore dell’alba quando le luci sono soffuse e l’atmosfera è impregnata di nebbia. Nel complesso il giudizio è positivo anche se qualche riserva va fatta alla sceneggiatura.

Fuori concorso
LACCI
di Daniele Luchetti
con: Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno, Adriano Giannini, Linda Caridi (100′)

“Lacci”, ispirato al romanzo omonimo di Domenico Starnone, è il racconto delle disavventure di un nucleo familiare disfunzionale alle prese con un divorzio doloroso. Il dramma è totale ed il film sembra non cercare alcuna redenzione per i protagonisti, tutti caratterizzati solo in base ai loro difetti (alcuni pregi, perlomeno lasciati intendere all’inizio, sfumano nella seconda parte del film) risultando profondamente pessimista e rischiando la perdita di mordente a causa del pedale spinto su un eccessivo nichilismo. Nemmeno le figure dei dei figli della coppia, così piene di potenziale, riescono a suscitare empatia nell’atto catartico finale, poiché troppo poco definite e fondamentalmente prive di carisma. Se un plauso va comunque espresso all’ottima fotografia e alla recitazione di Luigi Lo Cascio e Silvio Orlando, va pur detto che la regia paga lo scotto di una scelta fuori dagli schemi nella presentazione e gestione dei personaggi, tutti poco coinvolgenti.